giovedì 16 maggio 2013

IL MIO NASO |precipizio rovesciato d'orifizio|

Umidus Bifidus Boo
Il mio naso, che così poco mi assomiglia,
ha una ragione pura d’esser chiamato naso.
Vede da prima il luogo, la tana, il topo
e il ghignazzar nascosto delle loro mogli.
Egli precede scosceso e dritto in punta
come sta dritto il becco del mio merlo.
Il mio naso, detto fra noi,
ha narici sapienti e composte,
precipizi rovesciati alla vita eterna
dove la gravità non ha poteri.
Perciò, tu falena spregiudicata
che tanto hai da fare con i dottori del sabato,
che non hai più maestri che la superbia,
puoi percuotermi, offendermi, schivarmi
ma mai più potrai gioire al vuoto del mio naso.
Son io che scelgo gli insetti adesso,
con una sola sniffata.
Tu sei talmente gravida d’odio e di sterco,
piena di te e d’altri stolti senz’anima
che smisurati attingono alterni al tuo ventre,
che il solo volo possibile è un filo
a rasentarmi le scarpe.
E nonostante
privata come sei di sensibile grazia,
libera ormai dai freni di fanciulla,
anche se riuscissi a spingerti così in alto,
fino al mio naso,
saresti solo solletico d’aria
che non ha odore
ne altro.

mercoledì 15 maggio 2013

RULLATA DI PALLE |ping pong glu glu fru fru go go|

Pingpongando di Polso
Ho consumato la punta delle dita a battermi sul naso;
intervallate, pesate, misurate su ogni tempo.
E concludo con una rullata sui timpani delle mie palle
perche' ogni finale (buon finale di notte)
ha l'obbligo di massacrare d'impatto.
Ora che son gonfio, pallido e livido
(che non ho avuto dose suadente)
ora che son certo ed incerto
(che il mio concerto ha lasciato segno)
ora che son stanco, affranto e sospeso
(che le mie palle gonfie spingono sul soffitto)
ora rimpiango;
rimpiango lievi toc toc di naso
punte di spillo e dita
posate al blu dei sogni.

giovedì 18 aprile 2013

IL NOSTRO CONCERTO | di dopo sera, di dopo suoni, di dopo sbronza|

Di seguito in Flusso
Mettimi maiuscolo
come la T rovesciata dell’Anticristo
e tu di grazia
posati da sopra
come la A di Ave Maria.
Siamo tutt’uno,
circolo O sfera
ci rotoliamo comunque.
Un tratto secco è il piacere
e si riassume I gesti
adatti al Clinex di sempre.
Ora giri di spalle,
stanca di noi,
come due R traslate.
 
Questa sei tu di grazia;
un crocifisso di spalle
nel circondario adatto
al sonno d’Ave Maria.

martedì 2 aprile 2013

IL FUNAMBOLO |sospeso sopra un blu budello|

Rantoli di Fu Gomitoli
Mi fa sorridere,
nero allo stesso tempo.
Come sia mutevole la scimmia
nel ricomporsi da terra
quando rosa, quando la mia.
 
L'accumulo elusivo
e il reliquiario
dondola da dismesso
la cruccia fa sostegno
all'abito che porto.
 
Mi fa sorridere
e piangere mi faccio
l'annoso protocollo di salumi
e cefalocoliti trascurate.
 
Parlò il funambolo
di un fresco finalmente
"Fermati che perdo il filo !"
 
Lei proseguì di passo
quando un rintocco ruppe
il colmo ragionevole del sarto.

mercoledì 20 marzo 2013

COME VORREI CHE FOSSI |senza metà di forme|

merenda di letto
Sbircerei volentieri nella riserva nera
stretto di te come sono
stabilir se qualcosa è rimasto
della merenda divisa
in due porzioni di letto.
 
Ho ripetuto il nostro
ed io soltanto
il tuo ondeggiar da sopra
il mio tenerti addosso
fino al rintocco del quarto.
 
Traballerei a ogni soffio
se ripetessi l'allora
l'arte di allontanarsi
senza provar che fame
e il soddisfatto colpo
di un'altra tacca al calcio.
 
Nel risalir le scale
trovo i tuoi baci sparsi
raccolgo quanto basta
per maledirti ancora.
 
Io sono il mite e l'armamento
il digestivo e l'acquavite
l'asceso della Pasqua
e il passero suicida.
 
Volo di fionda il passo
sul pavimento a scacchi
il cupo calpestio
di chi non trova posto
la chiusa del mio cervo
nel capovolto abete.
 
Come vorrei che fossi ?
Altro che non sia mio,
altro che non sia mio.

lunedì 18 marzo 2013

BASTARDO DEL MIO PAESE |che non v'è posto ne ora al rimanere|

Quale contagio il ritorno
Liscio di terra il tremolar di trame
Ch’apparta di fogliame il mio paese
Arso come contagio scorre il niente
Entro il respiro assente dei pareri
Che somigliar mi turba volentieri.
 
Morto di sonni il sacrosanto intento
Entro il funereo incontro dei divani
Tanfo del chiavicare d’acque torve
Antro di sbornie postume ai cantieri
Che somigliar mi turba volentieri
 
Il parlottar serrato nelle case
E il vomito di frase pellegrina
Eppure ai sassi il marcio del frutteto
M’approda come lieti dispiaceri
Che somigliar mi turba volentieri
 
Puzzo come ubriaco di lavello
Rosso come balcone di gerani
Gobbo come la cruccia a cui m’appendo
Par che sia scorso il vacillato ieri
Che somigliar mi turba volentieri